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Eolo
stelle lontane
il teatro del fare
LA RECENSIONE DI CRISTINA GUALANDI DEL LIBRO DI FABRIZIO CASSANELLI E GUIDO CASTIGLIA

Fabrizio Cassanelli, Guido Castiglia, 'Il Teatro del Fare. Educazione – Teatro – Comicità, per l’infanzia e le nuove generazioni', Titivillus, Pisa, 2011. pp. 202, € 16,00.

Fabrizio Cassanelli e Guido Castiglia, da lungo tempo protagonisti del teatro dedicato all’infanzia come attori, registi e ricercatori/educatori, mettono a punto con 'Il Teatro del Fare' un’articolata mappa di riflessioni molto stimolante per chi abbia a cuore le sorti del nostro sistema educativo. La domanda che si pongono a più riprese e alla quale danno risposte sotto vari aspetti è questa: come il teatro può servire al benessere delle comunità, ovvero in quali casi la pratica teatrale può darsi come pratica formativa ed affiancarsi come supporto e stimolo alle altre agenzie educative, prime fra tutte la scuola, a maggior ragione in un periodo di crisi come questo. La storia del rapporto tra teatro e scuola in Italia, ci dicono Cassanelli e Castiglia, è ormai matura per uscire dall’approssimazione e dall’esperimento, insomma è arrivato il momento di parlare della pratica teatrale con ragazzi e adulti, come di un metodo educativo. Il discorso procede su di un piano che possiamo definire tecnico (chi sono gli educatori teatrali, quali sono gli strumenti da loro utilizzati, con quali obbiettivi) e su di uno civile che altro non significa che politico (su quale tipo di convivenza vogliamo scommettere per dare sviluppo alla città, nel senso di luogo di vita, per i nostri figli a partire da noi stessi, fin da ora).
'Il teatro del fare' dà un contributo a uno dei temi lasciati aperti ad approfondimenti da Claudio Facchinelli, quando nel suo 'Dramatopedia' (qui recensito il 13 giugno 2011) si chiedeva appunto chi dovesse guidare i ragazzi nei percorsi di esplorazione teatrale, se insegnanti o operatori, in quale relazione tra loro, forti di quale percorso formativo. Ecco, per i due autori, gli educatori che utilizzano questo metodo sono dei 'creativi' (registi, attori, drammaturghi) e 'pedagoghi' insieme, che attraverso esercizi, giochi, strategie individuali e di gruppo consentono 'la sperimentazione soggettiva e collettiva della realtà, in un ambito emotivo ed espressivo', facendo del teatro uno strumento unico di conoscenza attraverso l’esperienza, il 'fare' appunto, ma per conoscere che cosa?
Qualcosa che non è materia di studio ma che le precede ed accompagna tutte: la capacità di ascolto di sé e di ciò che c’è attorno, la capacità di concentrazione, il corpo e le sue potenzialità espressive, il piacere di condividere un processo creativo, la convivenza e il contatto positivi, la motivazione, l’empatia, la responsabilità, la compenetrazione di razionalità ed emozioni, a prescindere da un possibile risultato spettacolare.
E’ la formazione della persona come cittadino consapevole l’obbiettivo primario dell’educazione teatrale, un obbiettivo politico insomma, che deriva dalla scelta di campo fatta da sempre da entrambi gli autori: il teatro d’impegno civile. L’operatore teatrale possiede uno scaffolding, ovvero un bagaglio di strumenti specifici, che sono in parte già codificati nei numerosi repertori di didattica teatrale esistenti, ma 'Il Teatro del Fare' arriva anche su questo aspetto a colmare una lacuna, proponendo un percorso di avvicinamento al comico. Il comico, come presa sul mondo e come modalità narrativa, lo sappiamo, è una corda che non tutti riescono a far risuonare intonata, ha a che fare con la leggerezza ma non con la superficialità, con un certo ritmo, con la sottigliezza e con il creare legami inusuali, spesso dunque riguarda l’invisibile, insomma va scovata, e si può allenare.
Chi lavora con i ragazzi sa, primo maestro Rodari, che il divertimento, il sorriso, il riso, non abbondano affatto a scuola ma non perché di lì resti fuori la stoltaggine… eppure è attraverso il piacere e il divertimento che l’apprendimento si fissa nella nostra esperienza e memoria. La parte centrale de 'Il Teatro del Fare' dunque inizia a colmare questa lacuna, proponendo oltre ad alcune riflessioni generali sul perché ridiamo e su figure classiche della comicità, ciò che chiama un ‘eserciziario comico’, alcune proposte di percorsi didattici anche per la scuola dei più piccoli, quelle indicazioni di lavoro pratico così utili a chi insegna, perché possono essere utilizzate nel lavoro quotidiano. Cara scuola, verrebbe ora da domandare, cosa aspetti?
Cristina Gualandi




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